Supereroi all’Ospedale Bambino Gesù

Capitan America, Spiderman, Batman e Robin per rendere indimenticabile la mattinata dei piccoli pazienti dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma. I loro supereroi preferiti hanno fatto visita ai bambini, portando loro alcuni regali, dopo essere discesi dai tetti dei padiglioni Giovanni Paolo II e Pio XII tra sguardi stupiti e pieni di ammirazione. Scopo dell’iniziativa ideata da EdiliziAcrobatica con la collaborazione del Bambino Gesù in questa prima tappa del tour che porterà i supereroi acrobatici anche in altri ospedali pediatrici italiani, è dare vita ad uno spettacolo che possa far vivere una giornata diversa a tutti i piccoli pazienti costretti dalla malattia durante il carnevale

 

Lotta allo spreco, risparmio e solidarietà

MILANO – Bancone in legno, pareti grigio chiaro e verde, lampadari ricavati da cerchioni di bici, in vetrina due vecchi carretti: ha un’aria elegante e friendly il negozio di abiti di seconda mano di via Padova, al civico 36. Share, questo è il suo nome, nel 2015 ha venduto oltre 33mila capi, il 20% in più rispetto all’anno precedente, con un fatturato pari a 160mila euro. Maglie, pantaloni, camicie, giacche e giubbotti per uomini, donne e bambini. Ce n’è per tutti i gusti e di tutti i colori. Tutti in ottimo stato (alcuni mai usati, con su il vecchio cartellino). E spesso si tratta di abiti di marca. Che qui si possono trovare a 20 o 30 euro al massimo. Ma in questi giorni ci sono capi in offerta a 1, 3 e 5 euro.

Share non è solo una buona occasione di risparmio per i clienti: unisce infatti lotta allo spreco e solidarietà. Una parte del ricavato viene destinato a progetti sociali. Il negozio è un’iniziativa di Vesti solidale, cooperativa promossa da Caritas Ambrosiana, che si occupa di raccolta e riciclo di abiti usati. In due anni di attività, 16.500 euro sono serviti a sostenere un appartamento che accoglie mamme con bambini, cure odontoiatriche gratuite per minori in difficoltà, l’associazione Prison Fellowship Italia per le attività svolte  presso il carcere di Opera e per l’integrazione sociale di una famiglia proveniente dalla Palestina composta da padre, madre e 7 figli. “Inoltre il negozio dà lavoro a tre persone -aggiunge Carmine Ganci, presidente della cooperativa-. I vestiti provengono da realtà italiane e straniere che si occupano del ciclo completo della raccolta di indumenti usati. Quelli che finiscono in negozio sono stati quindi sanitizzati e sono pronti all’uso”.

Nei 200 metri quadrati di Share si aggirano persone di tutte le età. Il 65% dei clienti (circa 200 al giorno) è di origine straniera. “Ormai abbiamo molti clienti abituali -spiega Monica, la responsabile del negozio-. Ma c’è sempre gente nuova. Magari all’inizio sono un po’ titubanti, perché in Italia non c’è ancora l’abitudine a vestire capi di seconda mano, ma poi vedono la qualità della merce esposta e si ricredono”. Gli abiti esposti sono tutti pezzi unici, nel senso che di un tipo di pantalone non ci sono tutte le misure come in un qualsiasi negozio di abbigliamento. “Chi viene da noi è curioso -aggiunge Monica-. Cerca l’occasione e gli piace scovare quel che gli serve tra i tanti abiti esposti (circa 2.500). Anzi è meglio passarci spesso per vedere se ci sono novità”. Expo ha portato clienti. “Sono venute persone dall’Irlanda, dalla Francia e da altri paesi europei -ricorda Monica-. Erano qui per visitare l’Esposizione e ci hanno cercato perché da loro è una cosa normale acquistare nei negozi di seconda mano”. La crisi economica ha contribuito al successo di Share? “Tra i nostri clienti abbiamo sia persone povere che persone in cerca solo di una buona occasione -risponde Monica-. Certo la crisi economica induce tutti a stare più attenti a come si spende il denaro”.

Prima o poi l’amore arriva.

Presto o tardi, l’amore arriva per tutti. È dedicata a sesso, innamoramento e matrimonio l’inchiesta del numero di febbraio di SuperAbile Inail, la rivista dell’Istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro sui temi della disabilità, consultabile anche online, oltre che in forma cartaceo. Partendo dalle riflessioni della presidente dell’Associazione italiana persone Down, Anna Contardi, sulla «speciale normalità» di una relazione di coppia per chi ha la Trisomia 21, il servizio si dipana in una lunga carrellata di testimonianze, esperienze, studi e opinioni. “È fondamentale che le persone disabili socializzino il più possibile e non abbiano paura di osare e di proporsi, senza paura delle delusioni e dei fallimenti”, commenta lo psicologo Lelio Bizzarri che, oltre ad avere lui stesso una disabilità motoria, da anni realizza progetti di formazione e sensibilizzazione sul tema della sessualità delle persone disabili e ultimamente si è fatto promotore di un sondaggio online dagli esiti non scontati: oltre il 90% di coloro che hanno risposto considera normale l’espressione di sentimenti o desideri sessuali da parte di una persona con disabilità.

Tra le altre voci presenti nell’inchiesta, quella di Valentina Foa, psicologa e ricercatrice sorda piemontese, che nel suo studio a Priocca, vicino Alba, riceve un target di pazienti quanto mai vasto ed eterogeneo: adulti sordi e udenti, genitori udenti di figli sordi, genitori sordi di figli sordi e udenti. Attraverso una comunicazione varia, che spazia dall’uso della Lis fino alla voce e alla lettura labiale per i pazienti udenti o sordi che non conoscono la Lis, Foa si trova spesso ad affrontare problemi che riguardano l’affettività. Ma ci tiene a precisare: “Non esiste la “psicologia del sordo”: ognuno ha il proprio approccio. Laddove manca la comunicazione o esistono difficoltà comunicative, possono manifestarsi problemi”. Mentre sul versante della sessualità, Foa sottolinea il problema degli abusi e delle violenze sessuali tra le persone sorde: “È un tema di cui non si parla molto – spiega –, mentre bisognerebbe lavorare di più sulla comunicazione e l’accompagnamento. Al momento non esistono ancora strutture adeguate a trattare problematiche relative agli abusi e alle violenze, ma è un tema sul quale stiamo lavorando”. Altre testimonianze presenti nell’inchiesta riguardano, infine, l’agenzia di incontri tedesca per persone disabili Schatzkiste e il gruppo Jump di Bologna, nato all’interno dell’Arcigay per tutelare i diritti delle persone trans, omosessuali e bisessuali.

«E se non fosse tutto come credi?». Per Save the Children c’è tutto un mondo da raccontare

ROMA – Anche l’arte può favorire l’integrazione. Sono proprio le relazioni sociali a essere messe al centro del concorso rivolto ai giovani sotto i 21 anni e promosso da Save the Children. “E se non fosse tutto come credi?”. Una domanda che attende una risposta (non solo scritta). Sì, perché è questo il tema del contest “TuttoMondo” – realizzato in collaborazione col movimento giovanile dell’organizzazione umanitaria, Sottosopra, e CivicoZero, progetto di supporto e protezione di minori stranieri – che si spinge anche oltre la narrazione: fino al 30 aprile, infatti, è possibile partecipare anche inviando racconti per immagini (audiovisivi e fotografia). La scelta del nome? La fonte di ispirazione è ben nota: si tratta del murale di Keith Haring, simbolo di pace e armonia, realizzato sulla Chiesa di Sant’Antonio Abate a Pisa.

L’obiettivo di questo concorso, che giunge alla terza edizione, è di coinvolgere gli under 21 affinché raccontino attraverso video (massimo 15 minuti), corti, foto (massimo 10 immagini) e narrazioni (due cartelle), la realtà da un diverso punto di vista, con occhi nuovi o semplicemente dandole una chiave di lettura inedita.

Alla fine saranno decretati tre vincitori (uno per ciascuna sezione) e ci saranno altrettante menzioni speciali per l’opera che maggiormente riuscirà a ribaltare la prospettiva, per il lavoro che meglio esprime i valori e i temi affrontati da Save the Children, per l’opera che più di tutte riuscirà a descrivere il presente con un taglio attento all’integrazione (quest’ultima menzione spetterà a una speciale giuria composta da minori stranieri non accompagnati). La premiazione finale è in programma Torino il prossimo maggio.

 

L’Italia ricorda la Shoah, “per leggere il presente e progettare il futuro”

Una giornata per non dimenticare i drammi della Shoah, ma anche gli stermini meno conosciuti come quello dei disabili, degli omosessuali e dei rom. Si celebrerà domani in tutta Italia la Giornata della memoria. Iniziativa culturali sono previste da nord a sud del paese.

“Non è passato. E’ memoria” è la frase scelta dall’Arci, che organizza manifestazioni culturali in diverse città. “Non parliamo di passato perché nuove discriminazioni colpiscono ancora oggi le categorie più deboli della nostra società, perché la rabbia sociale spesso si sfoga  trovando negli ultimi facili bersagli, perché l’insicurezza e la paura vengono strumentalizzate per alimentare razzismo e intolleranza – sottolinea Arci -. E’ la memoria, la lettura degli orrori che hanno segnato il secolo scorso, che può aiutarci nella comprensione di un presente caratterizzato ancora da guerre e violenza, e fornirci strumenti per progettare un futuro diverso”. Il 27 gennaio sono previste diverse iniziative, rivolte in particolare ai più giovani come Promemoria_Auschwitz, i viaggi della memoria organizzati dall’Associazione Deina e dall’Arci e, che all’inizio di febbraio porteranno con due treni speciali più di 1200 giovani (fra i 16 e i 18 e provenienti da 8 regioni), a visitare Cracovia e gli ex lagher di Auschwitz e Birkenau. Il primo treno partirà dal Brennero il 4 febbraio e tornerà il 10, il secondo partirà  il 12 e farà ritorno il 18 (in allegato la scheda e il comunicato sui viaggi della memoria-Promemoria_Auschwitz).

Anche in Senato oggi si celebra la Giornata con l’anteprima del documentario di Aldo Zappalà “Salvate tutti”, sulla vicenda di 73 ragazzi ebrei in fuga attraverso l’Europa che dall’estate del ‘42 all’autunno del ’43 trovarono rifugio a Villa Emma, a Nonantola, in Provincia di Modena. Il dvd del documentario uscirà domani, allegato al quotidiano La Repubblica. All’evento, organizzato dalla Fondazione Villa Emma con il patrocinio del Senato, dell’Ucei e del Comitato di Coordinamento per le celebrazioni in ricordo della Shoah, interverrà il Presidente del Senato Pietro Grasso.

E sempre oggi a Roma, alle 18, partirà da piazza dell’Esquilino una fiaccolata per ricordare rom, gay e disabili sterminati in tutta Europa durante il periodo nazifascista. L’iniziativa è organizzata dall’Opera Nomadi Nazionale in collaborazione con il Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli”. Il corteo si concluderà a via degli Zingari 54 (Rione Monti) dove verrà deposta una corona di fiori sulla lapide apposta in memoria delle centinaia di migliaia di Rom/Sinti, Omosessuali e disabili che furono soppressi. Nel corso della manifestazione si esibirà il Roma Rainbow Choir.

Iniziativa importante anche a Bologna dove stato realizzato il nuovo Memoriale della Shoah, che sarà inaugurato in occasione della Giornata. L’opera sorge nella nuova piazza tra via Carracci e il ponte di via Matteotti. Il memoriale è stato pensato durante il Giorno della memoria di un anno fa, e in un anno è stato messo a punto su iniziativa della Comunità ebraica a cui si sono affiancati istituzioni e privati. E sempre la Comunità ebraica sta pensando alla creazione di una Fondazione in cui riunire istituzioni, enti, associazioni e privati sul tema della memoria. “Sarà il veicolo e lo strumento perché quella piazza resti viva”, spiega il presidente della Comunità bolognese, Daniele De Paz. Il memoriale sarà inaugurato domani dall’arcivescovo di Bologna Matteo Maria Zuppi, il rabbino capo di Bologna Alberto Sermoneta e il presidente della Comunità islamica Shaykh Abd Al Wahid Pallavini. “Non possiamo stare fermi e in silenzio, immaginando che la memoria entri nella coscienza dei giovani- afferma De Paz- ogni città deve avere il suo memoriale”.

Per quanto riguarda i media, Tv2000 dedicherà alla Shoah e all’anniversario della liberazione di Auschwitz l’intera programmazione di martedì 26 e mercoledì 27 gennaio. Tanti anche i messaggi e gli appelli delle associazioni. L’ordine degli assistenti sociali chiede che “questa Giornata sia di monito per il presente ma soprattutto per il futuro; sia anche una riflessione collettiva sulle derive e sugli orrori ai quali possono condurre l’odio e l’intolleranza verso il diverso e l’altro da noi – sentimenti dei quali, purtroppo, è così tanto intrisa la nostra società – e per far maturare, soprattutto nei giovani, una nuova etica della responsabilità  individuale e collettività che li faccia divenire cittadini consapevoli  ed accoglienti”. Secondo la presidente Silvana Mordeglia, “il riemergere in Europa e nel nostro Paese di fenomeni, purtroppo non più episodici, di razzismo, xenofobia e, non da meno, di antisemitismo, porta con sé il rischio dell’affermazione di un modello di società caratterizzato da meccanismi di esclusione e di aggressività sociale, così come di indifferenza e di passività: atteggiamentiche caratterizzarono allora la tragedia dell’ebraismo  europeo. Come assistenti sociali – continua – siamo testimoni consapevoli su come la precarietà, la povertà, l’emarginazione, l’isolamento e la disperazione delle persone producano troppo spesso una ricerca di sicurezza e di identità che si rivolge e sovrastima l’appartenenza etnica, religiosa e alle proprie comunità e  che appaiono – a chi è privato dei diritti o anche solo della  possibilità di fruirne – come l’unica ancora di salvezza cui aggrapparsi”.

Viaggiare senza barriere in tutto il mondo: Lonely Planet punta sui turisti disabili

Sappiamo tutti che il primo ostacolo a viaggiare per chi ha una disabilità o esigenze specifiche è la mancanza di informazioni, combinata con la paura di ciò che non si conosce. Spero che questa raccolta di risorse online, disponibile gratuitamente dallo shop di Lonely Planet, possa permettere di superarla”.

Martin Heng vive a Melbourne, Australia, lavora per la Lonely Planet e si occupa di turismo accessibile. È l’autore di Accessible Travel Online Resources (Risorse online sul turismo accessibile), una guida realizzata da Lonely Planet che raccoglie risorse dai governi locali e nazionali, organizzazioni turistiche e associazioni di disabili suddivisi per Paese, esperienze di viaggio da quasi 50 blog personali, dozzine di agenzie specializzate nei viaggi accessibili e tour operator di 40 Stati, consigli di viaggio per chi ha difficoltà di accesso o esigenze particolari, suggerimenti da viaggiatori disabili esperti.
Sfogliando l’e-book si può scoprire che nel Parco nazionale di Yosemite, negli Stati Uniti, ci sono navette gratuite che accompagnano i visitatori con difficoltà di movimento nei punti panoramici o a vedere le cascate, che inGiappone i trasporti pubblici sono molto efficienti e consentono l’accesso alle sedie a ruote, così come le stazioni che sono dotate di ristoranti e servizi accessibili, che a Barcellona, in Spagna, ci sono tour operator specializzati in visite guidate alla città per persone con disabilità che includono immersioni subacquee e un giro in mongolfiera, e che in Svezia ci sono circa 3.900 strutture accessibili. Per l’Italia una delle risorse che viene citata è Village4All. La guida sarà aggiornata ogni 2 anni ed èscaricabile dal sito della casa editrice, gratuitamente, in formato pdf. “Questa raccolta di risorse online non pretende di essere esaustiva – si legge nell’introduzione – ma è un buon punto di partenza e può essere di aiuto non solo per programmare un viaggio ma anche per trovare strutture adatte una volta arrivati a destinazione”.

Le persone disabili sono circa il 15 per cento del totale della popolazione mondiale e molte di loro viaggerebbero di più se avessero a disposizione informazioni sull’accessibilità di luoghi, strutture, Paesi. Per questo già nel 2013 Lonely Planet aveva iniziato a interessarsi dei viaggiatori con disabilità con la creazione di una piattaforma on line in cui erano gli stessi turisti a condividere le loro esperienze.

I bambini donano i loro disegni per Kilometro Solidale

MILANO. Cosa vuol dire far parte di un gruppo? Ti fa sentire più forte e più protetto? Come ti senti quando aiuti un tuo amico o ricevi un aiuto da un’altra persona? Sono queste le domande su cui si stanno interrogando i 180 bambini seguiti da Fondazione Progetto Arca onlus e dalla Comunità di Sant’Egidio di Milano in questi giorni.

In occasione della Giornata mondiale per i diritti dell’infanzia che si celebra il 20 novembre, i disegni dei bambini segnano il via della terza edizione di Kilometro solidale, il progetto benefico di PallEx Italia.

Nessuno è mai troppo piccolo o debole per non poter aiutare qualcun altro. Al terzo anno di incontro e conoscenza tra l’azienda di trasporti e le due realtà no profit, in questa edizione di Kilometro solidale sono i bambini che donano i propri disegni al grande network di trasporti.

PallEx Italia, grazie allo spirito di squadra e all’unione di oltre cento aziende specializzate, è diventato negli anni leader nel settore dei trasporti e oggi vuole farsi portatore di un messaggio di solidarietà mettendo al centro i bambini seguiti da Fondazione Progetto Arca onlus e dalla Comunità di Sant’Egidio di Milano.

Kilometro solidale è un’iniziativa di beneficenza unica nel suo genere, che gli scorsi anni ha visto i concessionari e le aziende di tutta Italia uniti in una grande raccolta di beni destinati alle famiglie in difficoltà. Ogni edizione di Kilometro solidale viene sviluppata su un tema specifico, per continuare ad evolversi di anno in anno. Attraverso iniziative di condivisione diverse, tutte targate Kilometro solidale, la conoscenza e la collaborazione tra il network di trasporti e i due enti no profit si sono rafforzate nel tempo. Dalla distribuzione dei pacchi viveri casa per casa insieme agli educatori di Progetto Arca, il primo anno, alla merenda per i bambini della Scuola della Pace della Comunità di Sant’Egidio, l’anno scorso, si è giunti oggi alla riflessione su cosa significhi fare parte di un gruppo.

Quest’anno sono i bambini supportati dai due enti beneficiari della raccolta a regalare i loro disegni al network. I bambini che frequentano le tre Scuole della pace gestite dalla Comunità di Sant’Egidio e i tanti bambini accolti nei Centri di accoglienza da Fondazione Progetto Arca nella città di Milano in questi giorni stanno usando la creatività per disegnare un messaggio caro anche al network: la forza di fare parte di un gruppo e lo spirito di squadra.

I concessionari di PallEx Italia sono innanzitutto un gruppo e fanno dello spirito di squadra il proprio tratto distintivo. Diventano messaggeri di solidarietà con Kilometro solidale, il progetto che li unisce ancora di più perché utilizza la loro rete, estesa in tutta Italia, per raccogliere e spedire i beni di prima necessità alle famiglie bisognose. Il primo anno il network ha donato oltre 1.000 kg di prodotti movimentando 15 pallet, l’anno scorso la quantità è cresciuta raggiungendo i 32 pallet, vale a dire oltre 2.000 kg di beni di prima necessità donati.

“Quest’anno abbiamo scelto di dare voce ai bambini e diffondere, attraverso i loro disegni, il messaggio dell’importanza di essere una squadra, del fare rete e di essere solidali”, afferma Melissa Alberti AD di PallEx Italia, dando il via ufficiale al progetto benefico. I concessionari specializzati del network si impegnano a coinvolgere le imprese italiane affinché donino parte della produzione per la causa benefica. Ultimata la raccolta, i mezzi PallEx consegneranno i prodotti in maniera gratuita ai due enti benefici Fondazione Progetto Arca onlus e la Comunità di Sant’Egidio.

Ripartire dagli ecosistemi per uno sviluppo agricolo sostenibile

 Un nuovo libro della FAO, pubblicato oggi, esamina come i principali cereali, mais, riso e grano, – che si stima appresentino il 42,5% dell’apporto calorico umano e il 37% di quello proteico ​​- possano essere coltivati in modi che rispettino e perfino traggano vantaggio dagli ecosistemi naturali.

Basandosi su studi di casi provenienti da tutto il pianeta, la nuova pubblicazione illustra come l’approccio all’agricoltura “Save and Grow” sostenuto dalla FAO, già impiegato con successo per la produzione di cereali di base, apra la strada verso un futuro più sostenibile per l’agricoltura, e offra una guida su come raggiungere la nuova agenda di sviluppo sostenibile 2030.

“Gli impegni internazionali per sradicare la povertà e far fronte al cambiamento climatico richiedono il passaggio verso un’agricoltura più sostenibile e inclusiva, in grado di produrre rendimenti più elevati nel lungo periodo”, scrive il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, nella prefazione.

I due recenti accordi punto di riferimento a livello mondiale, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) – che richiedono di sradicare la fame e stabilire ecosistemi terrestri su solide basi entro il 2030 – e l’accordo sui cambiamenti climatici di Parigi (COP21), sottolineano la necessità di innovazione dei sistemi alimentari.

Se è vero che i raccolti cerealicoli possono oggi raggiungere livelli record, la loro base produttiva è tuttavia sempre più precaria per i segnali di esaurimento delle acque sotterranee, per l’inquinamento ambientale, per la perdita di biodiversità e per altre situazioni negative che segnano la fine del modello della Rivoluzione Verde. In un contesto in cui la produzione alimentare dovrà crescere del 60% per riuscire a nutrire nel 2050 un’accresciuta popolazione mondiale, è ancora più urgente per i piccoli agricoltori – responsabili della maggior parte delle coltivazioni del mondo – essere messi in grado di farlo con maggiore efficienza e in modi che non aumentino ulteriormente il debito ecologico dell’umanità.

“Save and Grow” è un approccio ad ampio raggio a un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e sostenibile,e mira a intensificare la produzione, tutelare e valorizzare le risorse naturali e ridurre il ricorso a input chimici, sfruttando i processi naturali degli ecosistemi della Terra, facendo aumentare al tempo stesso il reddito lordo degli agricoltori. Come tale, è un approccio che può contribuire notevolmente al raggiungimento dei nuovi obiettivi di sviluppo e promuovere la capacità di risposta al cambiamento climatico.

Le pratiche proposte da “Save and Grow” vanno dalla coltivazione di alberi da ombra che perdono le foglie quando le colture di mais limitrofe hanno maggior bisogno di luce solare, come provato con successo in Malawi e in Zambia, a una lavorazione minima del terreno, facendo a meno di un’aratura profonda, per mantenere in modo permanente la copertura organica, lasciando i residui colturali come pacciame sulla superficie del terreno, un metodo applicato su vasta scala dai coltivatori di grano nella steppa del Kazakistan, a pratiche sempre più innovative di utilizzo dei residui di coltivazione adottate dagli agricoltori negli altopiani dell’America centrale e del Sudamerica.

“È giunto il momento di estendere pratiche che si sono dimostrate positive sui campi degli agricoltori in programmi nazionali più ambiziosi”, scrive il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, nell’introduzione a Save and Grow in Practice. Un libro che ha descritto come “un contributo importante per creare il mondo che vogliamo”.

Un nuovo libro della FAO, pubblicato oggi, esamina come i principali cereali, mais, riso e grano, – che si stima appresentino il 42,5% dell’apporto calorico umano e il 37% di quello proteico ​​- possano essere coltivati in modi che rispettino e perfino traggano vantaggio dagli ecosistemi naturali.

Basandosi su studi di casi provenienti da tutto il pianeta, la nuova pubblicazione illustra come l’approccio all’agricoltura “Save and Grow” sostenuto dalla FAO, già impiegato con successo per la produzione di cereali di base, apra la strada verso un futuro più sostenibile per l’agricoltura, e offra una guida su come raggiungere la nuova agenda di sviluppo sostenibile 2030.

“Gli impegni internazionali per sradicare la povertà e far fronte al cambiamento climatico richiedono il passaggio verso un’agricoltura più sostenibile e inclusiva, in grado di produrre rendimenti più elevati nel lungo periodo”, scrive il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, nella prefazione.

I due recenti accordi punto di riferimento a livello mondiale, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS) – che richiedono di sradicare la fame e stabilire ecosistemi terrestri su solide basi entro il 2030 – e l’accordo sui cambiamenti climatici di Parigi (COP21), sottolineano la necessità di innovazione dei sistemi alimentari.

Se è vero che i raccolti cerealicoli possono oggi raggiungere livelli record, la loro base produttiva è tuttavia sempre più precaria per i segnali di esaurimento delle acque sotterranee, per l’inquinamento ambientale, per la perdita di biodiversità e per altre situazioni negative che segnano la fine del modello della Rivoluzione Verde. In un contesto in cui la produzione alimentare dovrà crescere del 60% per riuscire a nutrire nel 2050 un’accresciuta popolazione mondiale, è ancora più urgente per i piccoli agricoltori – responsabili della maggior parte delle coltivazioni del mondo – essere messi in grado di farlo con maggiore efficienza e in modi che non aumentino ulteriormente il debito ecologico dell’umanità.

“Save and Grow” è un approccio ad ampio raggio a un’agricoltura rispettosa dell’ambiente e sostenibile,e mira a intensificare la produzione, tutelare e valorizzare le risorse naturali e ridurre il ricorso a input chimici, sfruttando i processi naturali degli ecosistemi della Terra, facendo aumentare al tempo stesso il reddito lordo degli agricoltori. Come tale, è un approccio che può contribuire notevolmente al raggiungimento dei nuovi obiettivi di sviluppo e promuovere la capacità di risposta al cambiamento climatico.

Le pratiche proposte da “Save and Grow” vanno dalla coltivazione di alberi da ombra che perdono le foglie quando le colture di mais limitrofe hanno maggior bisogno di luce solare, come provato con successo in Malawi e in Zambia, a una lavorazione minima del terreno, facendo a meno di un’aratura profonda, per mantenere in modo permanente la copertura organica, lasciando i residui colturali come pacciame sulla superficie del terreno, un metodo applicato su vasta scala dai coltivatori di grano nella steppa del Kazakistan, a pratiche sempre più innovative di utilizzo dei residui di coltivazione adottate dagli agricoltori negli altopiani dell’America centrale e del Sudamerica.

“È giunto il momento di estendere pratiche che si sono dimostrate positive sui campi degli agricoltori in programmi nazionali più ambiziosi”, scrive il Direttore Generale della FAO, José Graziano da Silva, nell’introduzione a Save and Grow in Practice. Un libro che ha descritto come “un contributo importante per creare il mondo che vogliamo”.

Capire Save and Grow

L’approccio Save and Grow fa riferimento a una serie di tecniche che hanno tutte una caratteristica comune, cercare di sfruttare al meglio i processi biologici naturali e gli ecosistemi per “produrre di più con meno”.

Cinque elementi complementari formano il nucleo del paradigma di Save and Grow: l’agricoltura conservativa, che riduce al minimo la lavorazione del terreno e utilizza la pacciamatura e la rotazione delle colture; il miglioramento delle condizioni del terreno, per esempio coltivare piante fissatrici d’azoto in sostituzione di costosi fertilizzanti minerali; la selezione di colture con elevato potenziale di resa, capaci di resistere meglio agli stress biotici e climatici, e con maggiore qualità nutrizionale; un impiego efficiente delle risorse idriche; una gestione integrata dei parassiti, cercando laddove possibile di sfruttare nemici naturali per ridurre al minimo la necessità di pesticidi chimici.

Un esempio classico, ormai ampiamente adottato in Cina, è il sistema di riso-pesce, in base al quale i coltivatori hanno inondato le risaie con pesce, che può essere poi venduto o consumato, ma nel frattempo i pesci mangiano gli insetti, i funghi e le erbe infestanti che altrimenti danneggerebbero il raccolto, riducendo la necessità di ricorrere ai pesticidi.

Una risaia di un ettaro può arrivare a produrre fino a 750 kg di pesce, continuando al tempo stesso la produzione di riso e facendo quadruplicare il reddito delle famiglie rurali. Tra gli altri vantaggi di questa tecnica la drastica diminuzione delle zanzare, vettori di gravi malattie.

La FAO stima che il 90% del riso del mondo è coltivato in habitat che sarebbero adatti alla coltivazione del riso insieme al pesce, ma al di fuori della Cina solo l’1% delle risaie dell’Asia utilizza questo sistema. Il governo indonesiano ha di recente lanciato un programma per cambiare il metodo di coltivazione di un milione d’ettari destinandoli a questa tecnica integrata.

La creazione di habitat

L’approccio eco-sistemico su cui si basa Save and Grow è esemplificato nel modo in cui alcuni piccoli agricoltori in Africa hanno affrontato il problema di una tarma indigena le cui larve divorano il mais a un tasso spaventoso. La consociazione della coltivazione del mais con quella della leguminosa Desmodium, in campi circondati dall’erba Napier – un tipo di foraggio per il bestiame – catalizza un interessante sistema di difesa. Il Desmodium produce sostanze chimiche che attraggono i predatori dei parassiti del mais, e che allo stesso tempo inviano un falso segnale di pericolo che spinge questi parassiti, pronti a deporre le uova, a cercare un habitat nell’erba Napier, che a sua volta emana una sostanza appiccicosa che intrappola le larve.

Oltre a questo il Desmodium– che fissa anche l’azoto nel terreno – sembra favorire la germinazione della striga, una pianta parassita infestante che devasta abitualmente le coltivazioni africane, impedendo la crescita delle radici delle erbacce. Anche se quest’approccio all’agricoltura comporta dedicare meno superficie alla coltivazione del mais rispetto alla monocoltura, è molto più produttivo, con il 75% dei contadini che l’hanno adottato nei terreni intorno al Lago Vittoria che dicono che le loro rese nette si sono a dir poco triplicate. L’incremento della coltivazione dell’erba Napier si traduce anche in un incremento degli allevamenti bovini e della produzione di prodotti lattiero-caseari, con conseguente aumento dell’offerta di latte.

Strumenti di alta tecnologia

Se un cambiamento a livello globale nella direzione di una maggiore sostenibilità implica “il raggiungimento di un equilibrio tra le esigenze dei sistemi umani e di quelli naturali”, anche la tecnologia avanzata ha un ruolo da svolgere nel migliorare il flusso dei servizi eco-sistemici. Sensori ottici portatili sono in grado di determinare, in tempo reale, di quanto fertilizzante azotato ha bisogno una pianta. Livellamenti del terreno di precisione, assistititi da strumentazione laser, hanno portato a incrementi di produttività in tutta l’India, riducendo l’impiego d’acqua di ben il 40% rispetto al livellamento del terreno con tradizionali tavole di legno.

Save and Grow è un approccio flessibile. Poiché le esigenze degli ecosistemi e quelle dell’agricoltura variano, c’è ampio spazio per innovazioni concernenti il sequestro del carbonio, la nutrizione, l’impiego di fertilizzanti innovativi e l’introduzione di nuove varietà vegetali, insieme all’individuazione di come sementi, animali e tecniche agricole possano interagire.

La FAO pone inoltre l’accento sul fatto che sistemi agricoli Save and Grow sono ad alto contenuto di conoscenze, e devono essere costruiti sulla conoscenza e sui bisogni locali, riconoscendo l’importante ruolo degli agricoltori come innovatori.

Indicatori politici

I piccoli proprietari che adottano un tale cambiamento di paradigma spesso rilevano che, mentre i benefici sono chiari, non sempre sono immediati. Per questo motivo, Save and Grow richiede un forte impegno istituzionale per un periodo abbastanza prolungato.

Per consentire il passaggio verso un’intensificazione sostenibile della produzione agricola, i responsabili politici dovrebbero offrire incentivi agli agricoltori per la diversificazione – sostenendo i mercati per le colture a rotazione, fornendo al tempo stesso strumenti di assicurazione dei raccolti, regimi di protezione sociale e facilitazioni per l’accesso al credito, così da ridurre i rischi che potrebbero dover affrontare nel processo di cambiamento. Un’agricoltura con poca lavorazione del terreno ad esempio, è spesso ostacolata da un accesso inadeguato ai macchinari che richiede.

Se è vero che non vi è un progetto unico per l’approccio eco-sistemico di Save and Grow, promuoverne l’adozione su vasta scala richiede un’azione concertata a tutti i livelli, dai governi, alle organizzazioni internazionali, alla società civile e al settore privato.

L’esperienza del Kazakistan con l’agricoltura di conservazione prova che adottare la sfida di quest’approccio su larga scala alla fine premia. Inizialmente utilizzata nel 1960 per combattere l’erosione del suolo provocata dal vento, la FAO nel 2000 ha iniziato a sostenere quest’approccio senza-aratri, che aiuta a mantenere la neve sciolta e l’acqua piovana nel terreno e ha portato a un aumento delle rese del frumento del 25% insieme a meno lavoro e a costi più bassi del carburante. Nel 2011, il governo ha introdotto estesi sussidi per promuovere l’adozione della pratica, e oggi, la metà dei 19 milioni di ettari di terreni coltivati del paese hanno adottato in pieno ​​l’agricoltura di conservazione.

Trenta Dottor Sogni per far sorridere i bambini

ROMA. Regalano ogni anno la magia di un mondo a colori a oltre 35.000 bambini ricoverati in 40 reparti pediatrici di 18 ospedali italiani.

Sono i 30 Dottor Sogni di Fondazione Theodora Onlus, artisti professionisti -specificamente formati per lavorare in ambito ospedaliero pediatrico – che portano un sorriso ai piccoli pazienti attraverso visite personalizzate in base all’età, all’umore, alla condizione medica e famigliare del bambino.

Perché un bambino sereno ha più forza per affrontare la malattia e per guarire.

Attraverso il progetto “Un sorriso per i bambini in ospedale” Fondazione Theodora Onlus vuole garantire la visita dei Dottor Sogni ai bambini ricoverati nei reparti di oncologia e ai piccoli pazienti che devono affrontare un intervento chirurgico. Per contribuire, fino al 24 gennaio 2016, bastano un SMS solidale o una chiamata da rete fissa al 45509 per donare 2 o 5 euro.

Con i fondi raccolti i Dottor Sogni potranno continuare la loro attività presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, l’Ospedale San Gerardo di Monza, l’Istituto Giannina Gaslini di Genova, il Policlinico Umberto I di Roma e presso l’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano, dove la Fondazione ha recentemente avviato un nuovo programma di visite, l’accompagnamento chirurgico. Il programma consiste nell’accompagnare il bambino che sta per affrontare un intervento chirurgico e la sua famiglia dal momento dell’attesa pre-operatoria fino al risveglio, con l’obiettivo di distendere le ansie ed abbassare il livello di stress del bambino e dei genitori.

In totale armonia con il personale medico e ospedaliero e nel rigoroso rispetto dei ruoli e delle competenze, i Dottor Sogni si prendono cura della parte sana del bambino, che vuole esprimersi con la fantasia, lo stupore, il sorriso, la risata e anche il pianto. L’intervento dei Dottor Sogni non si traduce quindi in un semplice spettacolo di intrattenimento, ma mira a creare un rapporto di fiducia, di confidenza, basato sul gioco e sull’accoglimento delle emozioni.

Per questo progetto Fondazione Theodora Onlus può contare sul sostegno della testimonial Margherita Buy, che ha prestato la sua immagine per la campagna di comunicazione, e di tanti amici come Filippo La Mantia, Massimiliano Rosolino, Natalia Titova e degli sportivi Romano Battisti, Valerio Cleri, Tommaso Rinaldi e Flavia Tartaglini.

 

Roma, a Tor de’ Schiavi nasce un giardino zen

Al posto di una vecchia fontana (per anni ricettacolo di degrado), in largo Agosta, a Tor de’ Schiavi, nasce un giardino zen, voluto dal V Municipio come simbolo di “una Europa di pace”. L’intervento, totalmente a carico dell’amministrazione di prossimità, è costato 18mila euro. “L’ aiuola rappresenta l’integrazione possibile tra modelli religiosi e stili di vita diversi – spiega il vicepresidente del V municipio, Stefano Veglianti – E’ da poco ricorso l’anniversario dei 100 anni dallo scoppio della I guerra mondiale e volevamo intitolare l’area ai ragazzi del ’99, i 18enni chiamati alle armi dopo la disfatta di Caporetto e caduti nel conflitto. Ma l’ufficio Toponomastica del Comune ci ha bocciato la proposta. Ora ci auguriamo di siglare al più presto un patto con la cittadinanza per consentire l’adozione dell’area.